«Subito dopo», dopo i pani che traboccavano dalle mani e dalle ceste, «costrinse i discepoli», che vorrebbero star lì a godersi il successo, «a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva». Li deve costringere, non vogliono andarci sull’altra riva, è terra pagana, c’è il rischio di essere rifiutati, è già successo. Infatti: la barca era sbattuta dalle onde, perché il vento era contrario. Un vento che non soffia da fuori, ma da dentro i Dodici, come resistenza a quel viaggio verso gli stranieri.

«Sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare». Non ha fretta Gesù: tre giorni ha atteso per Lazzaro, attende quasi una notte intera di tempesta, tre giorni aspetterà per risorgere. Ha sempre fretta invece quando in vista c’è una esaltazione, una ovazione. Fretta di andarsene e di portar via i discepoli. Perché il posto vero dei credenti non è nei successi e nei risultati trionfali, ma in una barca in mare, mare aperto, dove prima o poi, durante la navigazione della vita, verranno acque agitate e vento contrario. Ma non saranno lasciati soli.

«Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». All’invito di Gesù, Pietro, coraggioso fino all’incoscienza, abbandona ogni riparo e cammina nel vento e sulle onde. Sì, ma verso dove? Pietro non vuole tanto andare da Gesù, quanto metterne alla prova la potenza. Andrà davvero verso Gesù, quando lo seguirà, non sedotto dal suo camminare sul mare, bensì dal suo camminare verso lo scandalo e la follia della croce. Andrà dietro a lui, non perché sa far tacere il vento, ma perché fa tacere tutto ciò che in noi non è amore. Andrà verso il Samaritano buono, nella polvere dei sentieri del tempo e non sul luccichio di acque miracolose. Andrà verso il servo, non verso il taumaturgo.

«E venne da Gesù» dice il Vangelo. Pietro, fino a che ha occhi solo per quel volto visibile anche nella notte, cammina sulle acque. Quando volge lo sguardo al vento, alle onde, al buio, inizia ad affondare. Guardo al Signore, lo ascolto, e vado dovunque, faccio miracoli. Guardo a me, a tutte le difficoltà, e sprofondo. Se guardo a perché sono qui, a chi mi ha mandato su questa terra, non mi ferma nessuno. Se guardo alla mia storia accidentata, il dubbio mi blocca.

Pietro, in pieno miracolo, dubita: «Signore affondo». In pieno dubitare, crede: «Signore, salvami!». Dio salva, qui è tutta la fede: Egli non è un dito puntato, ma una mano che ti afferra. Un grido nel vento. Che se ne fa Pietro del catechismo mentre affonda? Basta un grido per varcare l’abisso tra cielo e terra. Fino a che, in fondo a ogni nostra notte, il grido di paura diventerà abbraccio tra l’uomo e il suo Dio.

padre Ermes Ronchi

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